venerdì 25 febbraio 2022

"CASETTA DELL'ACQUA" ALL'INFERNETTO UNA MERA OPERAZIONE ONEROSA DI GREENWASHING

"CASETTA DELL'ACQUA" ALL'INFERNETTO UNA MERA OPERAZIONE ONEROSA DI GREENWASHING 
Ennesima operazione greenwashing nel Municipio X. L“ecologismo di facciata” è sempre in voga nonostante il cambio di amministrazione. L'importante è proporre cose apparentemente sostenibili e ambientaliste, quando invece le attività realmente portate avanti non lo sono, come nel caso della "casetta dell'acqua" all'Infernetto. Che però ha persino un risvolto farsesco: piazza Giardini di Marzo possiede un nasone che però non funziona per mancata manutenzione, ma utile per alimentare la "casetta dell'acqua" finanziata con fondi pubblici e i cui costi finiscono persino in bolletta.

Quello che viene omesso di dire sulle "casette dell'acqua" è che sono impianti realizzati con fondi pubblici. Addirittura Acea Ato2 nella Conferenza dei Sindaci, ha autorizzato, con Delibera n°9 del 2014, di inserire negli investimenti coperti dalla tariffa del S.I.I, l’importo di 3 milioni di euro per la realizzazione a Roma di 100 Case dell’Acqua.
Ogni installazione ha un costo che parte dai 15 mila euro e può arrivare a superare i 50 mila euro, con un costo medio che si aggira attorno ai 30 mila euro, al netto dei costi di gestione e manutenzione.
Il motivo ufficiale dell'investimento è sensibilizzare sulla necessità di consumare “acqua pubblica”, in sostituzione alle acque minerali in bottiglia e per questo viene definito a km 0 perché ci sarebbe una mancata emissione nella produzione di bottiglie in plastica e minore impatto nella raccolta e nel riciclo dei contenitori. 
Alcune considerazioni generali: mettere a confronto il vantaggio che i consumatori avrebbero nel rifornirsi d’acqua da questi apparati, invece che acquistare acqua in bottiglia, è come minimo inesatto, perché l’acqua erogata nelle casette dell’acqua è acqua che proviene dagli acquedotti romani quindi è differente dal punto di vista merceologico rispetto a quella minerale, che ha caratteristiche igieniche particolari e proprietà per la salute per chi ne ha bisogno, essendo acque terapeutiche. Secondo, introduce nel mercato una distorsione della concorrenza e nel pensiero comune una stortura dando l’impressione che possa essere un'iniziativa che, costi di gestione e manutenzione a parte, comporta vantaggi economici e ambientali.
In realtà sono un costo aggiuntivo per la comunità che già ha accesso all’acqua intesa come “bene comune” dai propri rubinetti di casa: si tratta quindi di installazioni che distribuiscono esattamente la stessa acqua, più qualche trattamento aggiuntivo come le bollicine e che quindi dovrebbe disincentivare l'uso dell'acqua da parte di chi, non avendone realmente bisogno sotto il profilo della salute, prende l'auto, consuma benzina e inquina, per riempire le bottiglie di plastica/vetro e portarselo a casa e che deve consumare entro due giorni. Quelli che consumano l'acqua del rubinetto invece ci vanno, sempre con l'auto, pensando che è migliore di quella di casa e pari a quelle vendute in bottiglia. Falso. 
Dal momento quindi che tutti i cittadini hanno accesso all’acqua e a costi accettabili, non si capisce perché dovrebbero finanziare con le loro bollette un servizio di greenwashing. Chi ci guadagna? Gli installatori che ottengono finanziamenti pubblici, tariffe vantaggiose visto che non pagano nemmeno l'OSP (occupazione del suolo pubblico) e guadagni dalla tariffa in bolletta.
Se ha senso che vengano installate in alcuni punti della città ad alta affluenza turistica, non ne ha all'Infernetto in piazza Giardini di Marzo, dove per altro è presente un nasone che non funziona per mancata manutenzione da parte del Municipio X, e a cui si potrebbero abbeverare tutti, animali compresi.

Vale la pena segnalare una risoluzione interessantissima del 2017 del IX Municipio (la numero 11/17 - Oggetto: Controlli ed eventuale rimozione delle “Case dell’Acqua” già installate nel Municipio Roma IX EUR) per chi volesse approfondire l'argomento e anche le riflessioni di Carlo Stagnaro, direttore dell’Istituto Bruno Leoni (**). 

Aggiungiamo però che da quanto si può vedere dalle carte ufficiali il costo dell’operazione sarebbe stato stimato intorno ai 20 mila euro complessivo più IVA, più spese per gli allacci, equamente ripartiti tra Comune e Hera. Il primo è impegnato a pagare la sua parte – poco meno di 13 mila euro, comprensiva della spesa una tantum per gli allacci –  in tre tranche annuali di pari importo nelle casse della società Adriatica Acque Srl che gestisce la struttura in comodato d’uso. Ma, secondo quanto rilevato, “nella sezione Amministrazione Trasparente del sito del Comune, alla voce Atti di concessione si legge che il 18 dicembre 2013 è stato attribuito ad Hera, in relazione alla delibera 94, un contributo di 22.500 euro ben diverso dai 12.800 euro previsti nella suddetta delibera, e non allo stesso soggetto ivi previsto”.
Si è dunque sollevata sin dall'inizio una contestazione che riguarda l’intero sistema per il quale “i cittadini che si recano alla sorgente urbana, che preleva l’acqua dall’acquedotto, la refrigera e la gasa senza applicare nessun tipo di filtrazione (modalità contenute nel protocollo d’intesa), pagano 0,05 euro per ogni litro di acqua ad Adriatica Acque Srl”, nonostante i costi per la corrente elettrica siano a carico del Comune. Dal protocollo d’intesa però non emergono ricavi per la vendita dell’acqua da incassare da parte del Comune o canoni di concessione o altro, ma il Comune dà in comodato gratuito la tecnostruttura che risulta acquisita al patrimonio del Comune stesso, sostenendo tutti i costi di gestione (elettrici, che inquinano, e idrici), nonché la tassa occupazione suolo pubblico. Quali siano i reali costi complessivi per la realizzazione della "casetta dell'acqua", nonché i costi stimati per la gestione della stessa, nonché, se esistono, la quantificazione dei vantaggi economici o sociali a favore della collettività”, non è dato sapere.

Certo è che con quei soldi si poteva sistemare l'intera piazza Giardini di Marzo e la fontanella con tanto di vasche invece di regalarle ai privati, che ammettono candidamente che «Non ci guadagniamo con le casette. Tutto sommato è diventato un business collaterale, ma sono utili per avere visibilità e farci conoscere: insomma pubblicità». Gratis per loro, un costo per i cittadini.

Paula de Jesus
Resp. Ambiente, Patrimonio e Demanio 

(*) https://www.comune.roma.it/servizi2/deliberazioniAttiWeb/showPdfDoc?fun=deliberazioniAtti&par1=Q01S&par2=MzI0Ng== 
(**) https://www.imolaoggi.it/2012/09/05/il-business-delle-case-dellacqua-con-fondi-pubblici-a-spese-dei-cittadini/

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