venerdì 15 aprile 2022

IL MAUSOLEO A PASOLINI: L’ENNESIMO OLTRAGGIO AL GRANDE INTELLETTUALE E ATTIVISTA?

E’ di questi giorni la notizia della presentazione di un progetto del celebre artista Nicola Verlato, sotto gli auspici dell’Assessore alla cultura del Comune di Roma, Miguel Gotor. Il progetto riguarda la costruzione di un mausoleo (parola che ci suona a dir poco inquietante se riferita alla fragilità fisica e alla grande sensibilità di colui che ne dovrebbe essere celebrato), in memoria di Pier Paolo Pasolini. Un mausoleo, come lo spesso vocabolario Treccani recita “è una tomba monumentale, grandiosa (…) dall’aspetto tetro e imponente”. Insomma, tutto il contrario a nostro avviso – rimanendo fermi alla sola valutazione degli ‘spessori’ - di un protagonista della storia e dalla cultura italiane (ossia, delle costituenti identitarie di un popolo fin troppo vilipese, ormai da decenni), che da grande qual è stato ha saputo farsi ‘piccolo’, parte viva, interprete e partecipe della gente che amava. Nei sobborghi romani, così come in quel di Matera. Qui, in particolare, seppe superare la mera denuncia reboante e retorica di politici e intellettuali dell’epoca riguardo alle terribili condizioni igienico-sanitarie e di sovraffollamento preferendo, con la sua arte, aprire creativamente uno spazio di riflessione e condivisione di un nuovo modo di affrontare la questione sociale (relativa ai troppi cittadini italiani ancora in condizioni deprecabile indigenza) e meridionale. Come è stato già osservato, ‘facendo recitare i Sassi, Pasolini parlò al mondo intero’.
    Non discuteremo, pertanto, della ‘bellezza’, della qualità estetica dell’ipotesi progettuale di Verlato – una sorta di ‘cattedrale’ nel deserto di dignità e rispetto della persona che ancora l’Idroscalo di Ostia rappresenta. Tanto meno avvertiamo l’urgenza di spingerci nel tentativo di formulare una valutazione delle potenzialità riqualificanti l’intera area, a ridosso del porto turistico, che la costruzione del mausoleo potrebbe esprimere. Perché l’urgenza che avvertiamo è ancor più radicale: quest’opera è davvero opportuna, necessaria? A cosa serve oggi al ‘potere’ – ossia a quel centro decisionale che fa delle scelte per tutti e le cui conseguenze ricadono su tutti – un mausoleo dedicato ad una figura così controversa che, è appena il caso di sottolinearlo, con il ‘potere’ non è mai andato d’accordo?
    Nel suo ultimo manifesto dal titolo ‘Ominiteismo e demopraxia’, Michelangelo Pistoletto mette in guardia dal produrre delle opere artistiche che non sappiano andare oltre la denuncia e le nobili intenzioni sottolineando, altresì, che dovremmo insospettirci del fatto che vengano acquistate “continuamente ed esaltate da quegli stessi sistemi che gli artisti intendono denunciare e combattere”. Ed aggiunge: “lo stesso avviene nelle rivolte, in cui i giovani si buttano appassionatamente, e non si rendono conto che esiste un gioco più grande, guidato da lontano da sistemi opposti agli ideali in cui credono, di cui loro sono semplici pedine. E che da loro traggono profitto”. In breve, Pistoletto ci esorta a passare dalla denuncia alla proposta.
    Ora se, con rispetto – non devozione - e grande umiltà, proviamo a volgere la nostra attenzione alle vicende esistenziali di Pier Paolo Pasolini, non si può eludere il fatto che tutta la sua vita sia stata una magistrale opera d’arte. E nel senso più pieno del termine. Si pensi, in particolare, alle persecuzioni e derisioni subite per la sua omosessualità, il suo orientamento politico, il suo essere quasi sempre e comunque ‘contro’; oppure al - come è stato giustamente definito – ‘surreale’ episodio che lo vide accusato di rapina a mano armata. Come saprà ben dimostrare nel suo componimento poetico ‘La persecuzione’, pur rendendosi conto del gelo e dell’ostilità che lo circonda, Pasolini non si ferma a questa consapevolezza che potrebbe rievocare l’intenzionalità di un mero atto di denuncia. Ma va oltre, recuperando in se stesso – se stesso, qui, come socius essenziale – i riferimenti per percepire il valore della vita e tornare a riprendere posto nella società che lo tiene sotto scacco. Una sorta di ampliamento di consapevolezza senza fine – propositivo, costruttivo – perché Paolini capisce che l’amore per la vita può vincere la disperazione e la depressione, vincendo qualsiasi impedimento, perché “amore, mai non finirai di essere amore”. Un amore che gli consente di distinguere i fascisti dalla gente comune con la quale vuole tornare caparbiamente a convivere e amare per fuggire dal vittimismo, dall’umiliazione e dal ‘poetico’ solipsismo. Pasolini ha costruito, così, ‘ponti dell’incontro’ tra umani, non monumenti; tanto meno ‘mausolei’.
    E’ facile comprendere, allora, che nessun monumento a Pasolini sarebbe migliore di uno sforzo congiunto, solidale e collettivo per riaccendere in ogni cuore la sua speranza e innescare in ogni vita la sua determinazione all’amore e a costruire ‘ponti dell’incontro’. E, riferendoci ancora al suo componimento ‘La persecuzione’, per lasciarsi scaldare e illuminare dal sole. Quel sole che potrebbe essere ancor più oscurato da un mausoleo, costringendo nell’ombra sempre più fosca quell’umanità, quei giovani dell’Idroscalo che vagano come ‘anime morte’ e ai quali nessuno sembra essere davvero interessato. Chiediamoci, quindi, se sia il caso di reificare costosamente una testimonianza di vita per mezzo della costruzione di un mausoleo, a mo’ di definitiva pietra tombale. O tornare a farla rivivere attraverso il consolidamento di pratiche di comunità etiche e responsabili. Chi vincerà? La vita o la morte?

Gianluca Piscitelli
Presidente

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