lunedì 14 febbraio 2022

ACILIA - PIAZZA CAPELVENERE, CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA

I commercianti non ci vogliono andare, il Giudice di Pace nemmeno. 
E’ quello che si apprende dalla Commissione VII municipale (Turismo, Sport, Cultura e Grandi Eventi).
Nessun stupore. E’ la cronaca di una morte annunciata. 
Un bando andato deserto nel 2019. Il tentativo di ‘rianimare il morto’ con il fallimentare “il lavoro nobilita il quartiere”  presto cambiato in "il tuo quartiere ti dà lavoro" perché riecheggiava la scritta all’interno dei campi di concentramento. Nessuna trasparenza amministrativa su come sia finita la manifestazione d’interesse voluta dall’ex Assessore alle Periferie simbolo di una sedicente legalità di un Patrimonio pieno zeppo di irregolarità amministrative. Certo è che gli imprenditori, giovani o vecchi che siano, non ci vogliono andare perché gli immobili sono fatiscenti e tutto il “contorno è pessimo". Il Giudice di Pace si rifiuta di andarci nonostante sia stato operato il trasloco degli scatoloni. Il Presidente del Municipio X, Mario Falconi, ha il suo bel da fare nel cercare di persuaderlo. Pochi giorni fa è stato chiuso anche il bar. Rimane solo la parrucchiera e il titolare della ferramenta che vorrebbe andarsene e invoca la dittatura per gli sbandati notturni che lasciano cicche e vetri rotti. Da 10 giorni i lavori previsti nella piazza sono fermi e il parcheggio seminterrato continua ad essere un deposito di rifiuti umani.   
Piazza Capelvenere, bandiera anche dell’ultima campagna elettorale, è prima di tutto un errore urbanistico e vani sono i tentativi scomposti e costosi che si sono succeduti. 
Se si continua a trattarlo come un problema una volta patrimoniale (per altro mai risolto), poi commerciale, poi di sedicente riqualificazione attraverso interventi spot declinati a seconda del colore dell’amministrazione in formato legalità o grande evento, non se ne verrà mai a capo, né per spot né per step. 
Chiunque abbia un minimo di conoscenze urbanistiche o di sociologia criminale comprende, anche solo guardando google maps, che quella ‘piazza’ è tagliati fuori dalla vita della città. Continuare a trattarla come un’isola galleggiante nel mare delle aree circostanti è un errore. Quella ‘piazza’ volta le spalle al quartiere e volge lo sguardo alle automobili. Le vie sono il momento dell’unione e lì le vie sono due, due strade provinciali attaccate che squarciano il tessuto urbano. Le due strade con i parcheggi divengono dunque elementi di separazione, un cordone sanitario. Non basta prevedere di portare gli uffici municipali al piano superiore, i negozi sotto e le associazioni di volontariato in torretta, perché così ragionano i tecnici dentro alle stanze asfittiche dei dipartimenti, un modello teorico che progetta contenitori sulla base di statistiche ben poco accurate, quasi mai studi sulle necessità di individui e famiglie, risposte spaziali riferite a una modellistica apparentemente consolidata e chiaramente fallimentare. Non si tratta di sostituire tanti progettini con un progettone, ma riconoscerne il valore, e ricomporli in una strategia che continua a mancare.
Quando una “riqualificazione” è letteralmente deceduta semplicemente si torna al principio, non facendo tabula rasa fisica (purtroppo impossibile) ma ripartire dai bisogni e dalle decisioni, dal metodo dell’ascolto e dell’auto-ascolto. Auto-ascolto sì, perché non ci si rende nemmeno più conto che anche in Commissione si parla solo di decoro e di sicurezza anche quando si parla di cultura divenuta solo il mezzo ma non il fine, dove tutti, da destra a sinistra, passando per il centro, convergono sul curioso obiettivo di rispondere alla percezione di insicurezza con strumenti altrettanto percepiti ma di poco o nullo effetto reale. Perché se quel senso di disagio e "indizio di reato" caratteristico di luoghi e comportamenti degradati (degradati secondo un certo senso comune medio) lo si affronta presidiando i luoghi senza trasformarli, reprimendo i comportamenti senza nulla poter fare per la loro cause, è ovvio che si finisca per sprecare risorse e non andare da nessuna parte. E’ il vuoto di idee del progressismo dei giorni nostri che adotta tattiche conservatrici da benpensante, come insegna il primo capitolo di Fondamenti di Urbanistica. 
Continuare a piazzare di tutto in una non-piazza è patologico, alla luce anche dei rapidi cambiamenti intervenuti a livello globale sul fronte della logistica e dello scambio di beni e servizi.

Laura Vicario
Resp. Urbanistica

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